Ed è ancora vento a gonfiare i miei pensieri, stanotte. Nel ritorno verso casa lo sento sferzarmi addosso rabbiosi rimproveri: vigliacco! idiota! Non sono che voci nella mia testa.
Osservo balenare via da me le foglie nuove di questa ennesima primavera, il guard-rail, le frange del tuo poncho, le punte dei tuoi capelli. Osservo scivolare via da me le possibilità che non colgo: la prospettiva che cambia, che si alza al di sopra del mio sguardo inesorabilmente gettato verso terra, isolandomi in una visuale in cui tu ed io siamo sempre contrapposti.
Ballerei con te tutta la vita la frenetica musica di vento che sento stanotte! Mi lascerei indossare da te per ripararti dagli elementi, per cancellare il tuo dolore.
Getti la tua mezza sigaretta, e probabilmente mi saluti. Ma io sono troppo lontano, la mia mente fruga nei mille dettagli sbagliati della mia impotenza affettiva. Afferrarti? Baciarti senza sapere se è quel che davvero vuoi, senza sapere se è quel che davvero fa per noi?
Noi? Esiste?
Occhi sbarrati nel buio. Dai fori dei miei occhi posso lasciar traspirare l’anima, lasciare che si spanda nella stanza, nella casa. Lasciare che sfugga dalle porte, dalle finestre, lasciare che si mescoli a questo vento, per correre nei pressi della tua macchina e dei suoi finestrini, per correre nei pressi della tua gonna e dei tuoi passi, per correre nei pressi del tuo pulsante dolore e della tua ricerca delle chiavi per entrare in casa, per lasciare fuori il tempo, la notte, il futuro. Me.
Già arriva la pioggia, lacrime sprecate su strade di possibilità. I vaporosi vascelli neri del cielo percorrono rapidamente gli ultimi nodi delle loro tratte. Domani un sole ingombrante trafiggerà le scie che avranno lasciate, getterà ombre sui piccoli, ridenti, ricordi felici: lo spessore delle tue dita, il sorriso che ti esce dagli occhi, la tua dedizione per il ritmo e la compagnia.
Le mie palpebre celano questi pensieri nella mia testa, oramai. Sono troppo stanco per essere triste, sono troppo innamorato per lasciarmi prendere dallo sconforto. Con la massima cura, per non perdere un solo fotogramma di un ricordo di te, poggio la mia testa sul cuscino. Ascolto il silenzio, percepisco gli echi delle tue parole nel lato oscuro delle mie orecchie, quello più vicino alla memoria. La mia bocca tesa in un sorriso va rilassandosi: il mio cuore trova sollievo in ritmi più dilatati, in respiri più profondi: a guardar bene, un’anima stanotte veglia sul mio corpo, cullandolo e consolandomi; mentre rigira fra le dita le colorate fotografie delle sfumature dei tuoi gesti, non fa che pensarti e convincersi che, in fondo, non è più così sola.