Centomila cavalli vapore di potenza dispersi in milioni di anni luce cubici di vuoto mentale prima di esprimersi.
Il mio amico superperdente osserva un mondo che non capisce attraverso un oblò portatile indossato su un occhio solo; sull’altro porta una benda, e si copre le orecchie così forte che invece del silenzio ascolta il proprio dolore pulsante. Al ritmo del cuore, al ritmo del cuore…
E intanto fuori piove, e intanto fuori albeggia, e la gente passa, e si muove, e fa le cose che deve o che può, o che vuol fare.
Al mio amico superperdente gliene frega soltanto delle cose che riesce ad afferrare. Spesso nemmeno di quelle. Otto milioni di farfalle sotto formaldeide lo lascerebbero al suo torpore, la foto di una formica lo esalta a livelli di fissione atomica. La debole carica magnetica nella sua memoria a breve termine si esaurisce in piani ondeggiamenti ridondanti, al sicuro di un’insonnia scavata in un bozzolo sotto le coperte.
Essendosi ritirato a vivere nella sua testa, osservando il piattume da un solo occhio, il tempo assume un significato atroce: l’assoluta immobilità di un giorno che è valido per ogni data. Il pomeriggio di ieri e la mattina dell’anno prossimo descrivono lo stesso grigiore, lo stesso sangue flemmatico, gli stessi bordi delle medesime pagine bianche, scritte con pazientissima e certosina cura con l’inchiostro simpatico.
Eppure qualcuno c’è. Nella stanza del palazzo disabitato puoi osservare l’assenza di polvere e ragnatele. Puoi osservare i resti d’un pranzo, le foto d’una domenica d’inverno. La moka col caffè ancora caldo dentro. La sensazione d’una voce dall’altra stanza.
Eh? Aspetta. Era solo un’impressione.
Ricominciamo.
Ciao, come va?