Tu, dietro ad un bancone, o con un vestito a fiori dentro una coincidenza magnifica; tu, anche quando non ci sei: che cos’hai, in te?
Sei d’ottone, e risuoni un richiamo caldo, rotondo. E mi si spande il cuore, lo sai? Lo credevo stretto in strutture d’ossa e rimpianti; guardalo ora, invece! Guardalo, sentilo sorridere – per te.
E ti penso spesso, anche. Mi scopro immaginarti, mi immagino parlarti, accompagnarti dentro incanti, dentro giorni di sciarpe e macchine sotto la pioggia, giorni di mani e tensioni, di pulizie e preparativi, faccende, tavoli e abbracci. Specchi, porte. Secchi, lenzuola, dischi, inceppamenti, traffico e soldi.
Mi sdraierei e ti ascolterei parlare, e ti darei anche le mie parole, e i guizzi dietro ai miei occhi. Ti darei il mio futuro, il mio corpo, le mie mani, la mia faccia, le mie fatiche, i miei problemi, la mia forza, le mie paure. Mi confonderei con te dentro un abbraccio, dentro un pronome, un avverbio, un suono che non sia una nomea che delinea il confine fra tu e io. Litigheremmo per un piatto sporco, sorrideremmo dopo aver fatto l’amore, inizieremmo tutta una nuova generazione di persone spettacolari e deludenti.
Ci separeremmo, e ci rivedremmo poi.