Per lavoro mi hanno fornito il tablet (del quale non rivelo apertamente la marca, per ragioni di copyright, eccetera), e devo ammettere che, dopo i primi momenti di totale spaesamento, adesso mi ci ritrovo.
Penso sia uno strumento molto valido, differente dal computer, dal portatile, e dallo smartphone; permette grosso modo una funzionalità ibrida rispetto agli stessi, e il grosso punto di forza è il suo schermo multitouch.
Esso apre le strade a modalità operative nuove, più immediate; grazie ai tocchi, ai gesti, è più fluido il passaggio dall’idea al risultato, al prezzo però di disimparare alcuni automatismi consolidati da anni di utilizzo del PC.
Per quanto concerne l’uso creativo, il tablet si guadagna una posizione di favore rispetto ad altri strumenti; esistono infatti molti applicativi, anche gratuiti, che fanno dell’espressività creativa il perno attorno al quale ruota l’esperienza dell’utilizzatore.
Questa “ricchezza” allarga gli ambiti di utilizzo, con una direzione sociale (attraverso i già noti canali di condivisione) e collettiva, nel caso di utilizzo durante eventi musicali, multimediali, visuali.
Penso che se il tablet è uno strumento così immediato e sufficientemente in grado di rispondere alle esigenze dell’utilizzatore medio di PC, anche in ambito professionale e d’ufficio, la prossima rivoluzione informatica riguarderà principalmente la genesi di una ulteriore divisione nello sviluppo e nella produzione dei computer; vedremo contrapposte macchine potenti più orientate verso utilizzi specifici e tecnici, e macchine più orientate agli aspetti “effimeri” degli utenti utilizzatori.
Tutto questo è banalmente infuenzato sia da come è andata a svilupparsi la Rete nell’ultimo decennio, sia da come la società è cambiata, andando via via perdendo i confini naturali degli spazi e del tempo (la realtà aumentata), e, infine, anche dai dettami del mercato, che per ragioni di marketing e di profitto è stato capace di infilrci nelle tasche questi colorati strumenti.
Non c’è tuttavia da stupirsene: i bisogni indotti sono conseguenza del benessere che stiamo vivendo da circa sessant’anni, e con questa logica è possibile produrre beni e servizi indipendentemente dall’effettiva domanda per gli stessi.
Inizia dunque anche per me un’altra ricerca, una delle tante che la vita ci richiede per tentare di capire che ci stiamo a fare quaggiù, ed è la ricerca di uno spazio di utilizzo in cui collocare l’intelligente sottigliezza di questa tavoletta… ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa.