Due o tre giorni fa devo proprio essermi svegliato male. Lo dico perché, preso dai miei malumori, l’unica cosa che mi è venuta in mente di fare è stata quella di scrivere un post come se fossi improvvisamente diventato un settantenne. Ve lo mostro.
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Alcune riflessioni da approfondire.
Giovani principesse senza regno e senza scopo, si lasciano vivere addosso tutto quello che è più basso, solamente perché è più diffuso. Senza una mente critica, perché non hanno avuto la fortuna di formarsela, ingoiano la minestra sciattamente, lamentandosi perché è fredda, pur trovandosi in cucina.
E ancora,
bambini, che necessitano di una cosa dolce, per affrontare tonnellate di cose amare, inconsapevolmente. Una goccia dolce, e un torrente amaro. La serena felicità di chi non ha mai alzato lo sguardo oltre il movimento dell’acqua, dove è tutto movimento, e non conosce la lenta fermezza delle rocce sotto. Le quali si scoprono sempre più vergini in asperità ad ogni nuova primavera. Una cosa dolce, e un torrente amaro.
E poi un volto coronato dal velo. Sono i simboli che creano l’identità? Oppure è l’identità ad eleggerli a vessillo? Oppure si tratta di necessità? Che si tratti di moda o di religione, di musica o di subcultura, questi giovani spendono la loro purezza in fretta per raggiungere al più presto lo status di figurine. Hanno imparato la volontà di avere una loro connotazione visibile, riconoscibile, e non sanno quanto invece sia necessario conservare la propria pelle pulita, i propri abiti modesti, il proprio atteggiamento pronto, e aperto, perché sia meno doloroso l’incedere inevitabile del cambiamento.