Qualche settimana fa sono andato a vedere, al cinema del quartiere in cui vivo, “Dallas Buyers Club”. Si tratta di un film basato sulla storia (vera) del signor Woodroof, un texano piuttosto libertino che ad un certo punto della sua vita contrae il virus dell’HIV durante i primi anni del fenomeno AIDS.
Devo ammettere che il film mi è piaciuto, soprattutto per l’attitudine positiva del personaggio che, messo di fronte a quella che lui considera un’assurda e ingiusta sentenza di morte certa, ha il coraggio di reagire in maniera opportunistica prima, e intelligente poi.
Vediamo Woodroof dapprima denigrare i medici per aver osato imporgli lo stigma del malato di AIDS (la sua conta di CD4 già bassissima alla diagnosi, in pratica un malato conclamato), malattia percepita come “la malattia dei froci”. Poi lo vediamo rendersi conto dei problemi della sua vita, soprattutto quello del fatto che gli resta pochissimo da vivere. Lo vediamo mentre prende farmaci (AZT) sottobanco grazie alla complicità di un infermiere messicano, vincendo — per disperazione — il suo iniziale disprezzo etnico; lo vediamo man mano cambiare, mentre cerca di comprendere la sua malattia e gli aspetti controversi della sua vita. Lo vediamo organizzare una rete di aiuto verso gli altri malati di AIDS che trova nell’ambiente in cui vive, per lo più omosessuali e tossicodipendenti, dimostrando di saper vincere i suoi pregiudizi. Forma quindi il club del titolo: un’associazione di persone che si spartiscono gli acquisti di proteine e vitamine per rinforzare il proprio sistema immunitario devastato dalla sindrome, andando contro le direttive della FDA.
Il film fa un parallelo tra la vicenda di Woodroof e il rodeo, la sua passione: il cowboy è calato sul toro, da dove non può più smontare, ormai. Non gli resta che aggrapparsi forte alla schiena della bestia, che liberata — cioè manifesta — salterà, e scalcerà, rendendo difficile domarla. Si tratta di una chiara metafora della convivenza con una malattia mortale che ti spinge a trovare il coraggio di vivere al meglio la vita che rimane.