Sono venuto a prenderti, ma sono venuto con l’autobus. Quindi se vogliamo andare a fare un giro bisognerà andare a piedi. Qui vicino c’è un parco, se vuoi possiamo andare lì.
No. Piove. E poi fa freddo.
Consumiamo in fretta il nostro spuntino. Fra quaranta minuti Art e Paul saranno dalla signora Robinson ad attenderci. Tim non sta bene.
L’iPod non mi ti fa sentire. Come? Ti amo.
Le macchine schizzano via veloci, mentre ci affrettiamo lungo la Trentaquattresima. La bambina viene strattonata, il cane sta facendo un macello col guinzaglio, un nero mostra un sorriso bianchissimo, tre amiche ridono come oche, un ragazzotto fuma, un signore tossisce, un altro si fruga nelle tasche dei pantaloni. L’asfalto è bagnato, e c’è odore di pane.
Ciao Art, ciao Paul. Signora. Tim! Come va?
Avevamo vent’anni. Ne avevamo trenta. Ti amo.
Fiona ti dice che quel top ti sta d’incanto. È vero, sai? Ma sei un po’ dimagrita.
La tua tessera universitaria, le chiavi della macchina, la busta paga, e qualcosa ti preoccupa.
Hai una ruga? Mark non sta fermo, Lisa strilla.
Ma hai caricato la lavatrice? Hai spento la luce?
Ho freddo. Facciamo l’amore.
I bambini.
Roger! Roger…! Stupido cane! Vieni qua, bello! Salta… salta! Bravo… bravo bello! Eh, eh… hai visto? Stupido cane! Cattivo! CATTIVO!!
Qui avevamo vent’anni. Ricordi?
Non credevo sarebbe mai successo. Era, era, era. Me la ricordo, sai? Forse un po’ nervosa, in ultimo. Papà le aveva promesso che l’avrebbe vista, prima o poi. Non è più lo stesso. Ha gli occhi che non vedono il domani. L’abbiamo scritto al cugino Frank?
Sono tornato a scuola. È rimasta la stessa. Anche i computer. La signora Johnson è ancora là.
Un ragazzo s’è girato verso di me. Ero io.
Avevamo quarant’anni.
Ricordi?